La Bilancetta (1586)

  (Versione originale)

Così come è assai noto, a chi si prende cura di leggere gli antichi scrittori, che Archimede scoprì il furto dell'orefice nella corona d'oro di Gerone, allo stesso modo credo che, sino ad ora, sia rimasto ignoto il modo usato da quell'uomo così grande in tale scoperta: atteso che credere che egli, come qualcuno ha scritto, mise la corona nell'acqua, avendovi prima posto, separatamente, un peso equivalente in oro ed uno in argento e che, dalle differenze nel fare ricrescere o traboccare l'acqua, si accorse che la corona era composta da una mescolanza di oro e di argento, sembra una cosa grossolana e poco squisita; e tale cosa sembrerà ancor più evidente a coloro i quali avranno letto ed inteso, tra le memorie di quell'uomo così divino, le sottilissime invenzioni, dalle quali si comprende fin troppo chiaramente quanto tutti gli altri ingegni siano inferiori al suo e quanta poca speranza rimanga a chiunque di trovare cose somiglianti alle sue. Io credo che, spargendosi la voce che Archimede aveva ritrovato tale furto per mezzo dell'acqua, qualche scrittore dei suoi tempi abbia lasciato memoria di tale fatto; e che lo stesso, per aggiungere qualcosa a quel poco che aveva inteso per sentito dire, abbia detto che Archimede s'era servito dell'acqua nel modo che è stato poi universalmente creduto. Sapere che tale modo era del tutto fallace e privo di quell'esattezza che si richiede alle questioni matematiche, mi ha fatto più volte pensare in quale maniera, usando l'acqua, si potesse correttamente scoprire la mistione dei due metalli; finalmente, dopo aver diligentemente rivisto ciò che Archimede dimostra nei suoi libri "Delle cose che stanno nell'acqua" ed in quelli "Delle cose che pesano ugualmente", mi è venuto in mente un modo che risolve correttamente il nostro quesito: crederò dunque che tale modo sia lo stesso usato da Archimede, atteso che, oltre che essere esattissimo, dipende da dimostrazioni ritrovate da egli stesso.

Il metodo è quello che fa uso di una bilancia, la costruzione e l'uso della quale sarà spiegato in seguito, dopo aver discusso quanto è necessario conoscere. Occorre prima sapere che i corpi solidi che vanno a fondo nell'acqua, pesano meno nell'acqua che nell'aria, tanto meno quanto pesa nell'aria l'acqua corrispondente in volume al solido: e questo è stato dimostrato da Archimede; poichè la sua dimostrazione è assai lunga, per non perdere troppo tempo, lo spiegherò in un altro modo. Mettiamo una palla nell'acqua: se tale palla fosse d'acqua non peserebbe nulla, perchè l'acqua nell'acqua non si muove nè su nè giù. Se la palla fosse d'oro, questa peserebbe nell'acqua tanto quanto il peso dell'oro supera quello dell'acqua; una cosa simile accade per gli altri metalli, e poichè i metalli differiscono tra loro nel peso, in diverse proporzioni diminuirà il loro peso nell'acqua. Ad esempio, se l'oro pesa 20 volte più dell'acqua, per quanto abbiamo detto è evidente che questo nell'acqua peserà un ventesimo in meno. Se l'argento pesa 12 volte più dell'acqua, questo peserà nell'acqua un dodicesimo in meno: dunque nell'acqua la gravità dell'oro cala meno di quella dell'argento (spiegazione). Appendiamo un metallo ad un braccio di una bilancia e all'altro braccio un contrappeso dal peso uguale a quello di detto metallo in aria: tuffiamo poi il metallo in acqua, lasciando il contrappeso in aria. Affinchè il contrappeso equivalga al metallo, occorrerà ritirarlo verso il fulcro. Ad esempio, sia la bilancia ab, il fulcro c, una massa di qualche metallo sia appesa in b, contrappesata dal peso d. Mettendo b nell'acqua, il peso d in a peserà di più: per avere l'equilibrio bisognerà ritirare il contrappeso verso c, come v.g, in e; e quante volte la distanza ac supererà la ae, tante volte il metallo peserà più dell'acqua (spiegazione). Supponiamo che il peso in b sia oro e che, se pesato nell'acqua, faccia sì che la posizione di equilibrio del contrappeso sia nel punto e; facendo poi lo stesso con l' argento puro, supponiamo che il suo contrappeso equilibri il peso immerso nell'acqua nel punto f: come l'esperienza mostra, questo punto sarà più vicino di e a c, in quanto l'argento è più leggero dell'oro (spiegazione). Inoltre, la differenza tra la distanza af e la distanza ae sarà proporzionale alla differenza tra la gravità relativa dell'oro in acqua e quella relativa dell'argento in acqua (spiegazione). Se l'oggetto è composto da un misto di oro e di argento è chiaro che, essendoci l'argento, il misto peserà meno dell'oro puro ed essendoci l'oro, il misto peserà più dell'argento. Se il misto viene tuffato in acqua, il contrappeso dovrà essere spostato in un punto più lontano di e, che era il termine dell'oro, e più vicino di f, che era il termine dell'argento, cadendo quindi in un punto g tra e e f: dalla proporzione in cui verrà divisa la distanza ef, potremo risalire in modo esatto alla proporzione dei due metalli che compongono il misto. Ad esempio, supponiamo che il misto di oro e di argento si trovi in b, contrappesato da d e supponiamo inoltre che quando il misto viene tuffato in acqua, il contrappeso raggiunga l'equilibrio nel punto g: possiamo affermare che l'oro e l'argento che compongono il misto stanno tra loro nell'esatta proporzione in cui stanno fg e ge. Avvertiamo però che la distanza fg, terminata nel segno dell'argento, denoterà la quantità di oro, mentre la distanza eg, terminata nel segno dell'oro, denoterà la quantità di argento, in modo che se gf risulterà doppia di eg, nel misto avremo due parti di oro ed una di argento. Questo vale anche per altri misti, e procedendo in modo simile si trovano le quantità dei semplici metalli componenti.

Per costruire la bilancia prendiamo un regolo lungo almeno due braccia (circa 1,5 mt.), e quanto più sarà lungo tanto più esatto sarà lo strumento; dividiamolo nel mezzo, dove porremo il fulcro; poi aggiustiamo le braccia del regolo in modo che stiano in equilibrio, assottigliando quella che pesa di più. Su un braccio del regolo riportiamo i termini dove ritornano i contrappesi dei metalli semplici [oro e argento puri] quando saranno pesati nell'acqua, avendo cura di utilizzare i metalli più puri che si riescano a trovare. Fatto questo non ci resta che scoprire in quale modo possa essere facilmente trovata la proporzione, secondo la quale le distanze tra i termini dei metalli puri verrano divise dai segni corrispondenti ai misti. Tale proporzione, a mio giudizio, sarà trovata nel modo che segue.

Sopra ciascun termine dei metalli semplici avvolgiamo un filo di corda d'acciao sottilissima; lungo tutto l'intervallo compreso tra i due termini avvolgiamo un filo di ottone anche questo sottilissimo. Ad esempio, avvolgiamo un filo d'acciaio (per distinguerlo dall'ottone) sul termine e e un filo d'acciao sul termine f; poi riempiamo lo spazio tra e e f avvolgendovi un filo sottilissimo d'ottone, il quale suddividerà l'intervallo in piccole parti tutte uguali. Quando vorremo sapere la proporzione che c'è tra gf e eg, conteremo i fili tra g e f e quelli tra e e g. Se ad esempio troveremo 40 fili in gf e 21 fili in eg, diremo che nel misto avremo 40 parti d'oro e 21 d'argento.

Avvertiamo che nasce una difficoltà nel contare in quanto, essendo i fili sottilissimi, non è possibile numerarli a vista, poichè l'occhio si perde tra i piccoli spazi dell'avvolgimento del filo d'ottone. Quindi, per numerarli con facilità, prendiamo uno stiletto acutissimo e facciamolo scorrere sopra l'avvolgimento; cosicchè, in parte con l'udito e in parte perchè la mano trova impedimento quando lo stiletto passa sopra ogni filo, riusciremo a contare i suddetti fili, dal numero dei quali, come detto sopra, avremo in modo esatto la quanità dei metalli puri che compongono il misto. Avvertiamo però che i metalli saranno in proporzione inversa alle rispettive distanze: ad esempio, in un misto di oro e di argento, i fili che stanno verso il termine f dell'argento ci daranno la quantità dell'oro, mentre quelli che stanno nel termine e dell'oro ci daranno la quantità dell'argento; ed un discorso analogo vale per qualsiasi altro misto.