G.Galilei si riferisce a Marco Vitruvio Pollione (Marcus Vitruvius Pollio), il quale scrisse, tra il 27 e il 23 a.C., il trattato De architectura (L'architettura), un'opera in 10 libri dedicata ad Augusto. Nel terzo capitolo del libro nono Vitruvio parla appunto del metodo usato da Archimede per scoprire il furto nella corona di Gerone.

De Architecture (M.Vitruvio)

Libro IX, Cap. III.

Come si possa conoscer una portione d'argento mescolata con l'oro finita l'opera. Cap. III.

Essendo state molte, et merauigliose inuentioni quelle di Archimede, di tutte con infinita solertia, quella, che io esponciò, pare, che troppo sia stata espressa. Imperoche Ierone nobilitato della regia potestà nella città di Siracusa, essendogli le cose prosperamente successe, et hauendo deliberato di porre al Tempio una corona d'oro uotiua, et di consecrarla a i Dei immortali, per grandissimo pretio la diede a fare, dando a colui, che si prese il carico di farla, a peso la quantità dell'oro. Questi al tempo debito approuò al Re l'opera sottilmente fatta con le mani, et parue che al giusto peso dell'oro restituisse la corona. Ma poi, che fu inditiato, che leuatone una quantità di oro, altrettanto di argento in quella posto hauesse, Ierone sdegnato di essere stato sbeffato, nè potendo hauere la ragione, con che egli scoprisse il furto, pregò Archimede, che prender uolesse la cura di riconoscere il fatto, pensandoui molto ben sopra. Hauendosi Archimede allhora preso il pensiero di questo, per caso entrò in un bagno. Et iui nel soglio disceso gli uenne ueduto, che quanto del corpo suo ci entraua dentro, tanto di acqua fuori del soglio ne usciua. Per il che hauendo ritrouato la ragione di potere dimostrare la proposta, non dimorò punto, ma uicito con grande allegrezza del soglio, et andando ignudo uerso casa, dimostraua ad alta uoce d'hauere ritrouato quello, che egli cercaua, perche correndo tutta uia gridaua in Greco. Eurica, Eurica, cioè io ho trouato, io ho trouato. Dapoi che egli hebbe l'ingresso di quella inuentione, fece due masse di peso eguale ciascuna alla corona, delle quali una era d'oro, l'altra di argento, et hauendo questo fatto, empì fin all'orlo d'acqua un ampio uaso, et prima uipose dentro la massa dello argento, della quale, quanto entrò di grandezza tanto ne uscì di humore, cosi trattone la massa rifuse tanta acqua, che riempisce il uaso, hauendola col sestario misurata, si che all'istesso modo di prima s'agguagliasse col labro. Et da quello egli ritronò quanto ad un terminato peso d'argento certa, et determinata misura d'acqua rispondesse. Et hauendo questo prouato depose la massa dell'oro nel uaso similmente pieno, et trattala fuori, con la istessa ragione aggiuntaui la misura, trouò, che non ci era uscita tanta acqua, ma tanto meno, quanto in grandezza del corpo con lo istesso peso era la massa dell'oro minore della massa di argento in fine riempito il uaso, et posta nella istessa acqua la corona, trouò, che piu di acqua era uscita fuori per la corona, che per la massa dell'oro dello istesso peso. Et cosi facendo la ragione da quello, che era piu dalla corona, che dalla massa uscito cóprese, che iui era mescolato l'oro con l'argento, et fece manifesto il furto di colui, che s'haueua preso il carico di far la corona.